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Mostra METAMORFOSI DELL’ANIMA – Un viaggio interiore in-tras-formazione

 

Il Centro Diurno Interpersonale del Dipartimento di Salute Mentale, U.F.S.M.A. di Arezzo, Azienda USL, Toscana sud est, presenta la Mostra “Metamorfosi dell’Anima – un viaggio interiore in-tras-formazione”.

Il Centro Diurno Interpersonale del Dipartimento di Salute Mentale, U.F.S.M.A. di Arezzo, Azienda USL, Toscana sud est, presenta la Mostra “Metamorfosi dell’Anima – un viaggio interiore in-tras-formazione” relativa al Progetto-Laboratori Creativi di FotoArteTerapia, ideati e condotti nel 2016-2017 da Rita Carioti, curatrice della mostra.

Referenti del Progetto: Educatori Alessandra Guidi e Barbara Abatangelo; Supervisione Dott.ssa Loredana Betti; Responsabile U.F.S.M.A. Arezzo: Dott. Michele Travi.

Artisti in Mostra: Alessandro, Barbara, Beatrice, Dariush, Donatella, Tiziana, Juan. Inaugurazione della mostra il 26 ottobre alle ore 18:00.

La mostra rimarrà aperta dal 26 ottobre al 18 novembre 2018, negli spazi dell’Atrio d’Onore del Palazzo della Provincia.

Alle ore 16:00, negli spazi della Sala dei Grandi della Provincia di Arezzo, l’inaugurazione della mostra sarà preceduta da una Tavola Rotonda sulla Salute Mentale e sull’ Arteterapia. Relatori: Rappresentanti Amministrazione Comune e Provincia di Arezzo; Dott. Michele Travi, responsabile U.F.S.M.A. di Arezzo; Dott.ssa Loredana Betti, psicoterapeuta DSM; Alessandra Guidi, educatrice DSM; Dott. Cesare Bondioli, presidente Centro Franco Basaglia di Arezzo; Simone Donnari, presidente APIART (Ass. Professionale Italiana Arteterapeuti); Rita Carioti, fotografa, conduttrice dei Laboratori e curatrice della Mostra.

Alle ore 18:30 proiezione del video relativo alle attività laboratoriali creative svolte nel 2016-2017.

Nei giorni 27 ottobre e 9 novembre alle ore 16:30 si terranno dei Laboratori gratuiti di Arteterapia aperti al pubblico condotti rispettivamente da Rita Carioti e Marco Tulli. I laboratori sono a numero chiuso max 15 persone, pertanto è richiesta la prenotazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) è l’insieme delle strutture e dei servizi che hanno il compito di farsi carico della domanda legata alla cura, all’assistenza ed alla tutela della Salute Mentale nell’ambito del territorio definito dall’Azienda sanitaria locale. Il DSM è dotato dei seguenti servizi: servizi per l’assistenza diurna: i Centri di Salute Mentale (CSM) servizi semiresidenziali: i Centri Diurni (CD) servizi residenziali: strutture residenziali (SR) distinte in residenze terapeutico-riabilitative e socio-riabilitative servizi ospedalieri: i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) e i Day Hospital (DH).

E’ opportuno sottolineare l’importanza dell’ampia rete dei servizi territoriali come modello da perseguire nello sviluppo di interventi di comunità. Riguardo al tema della Mostra di Arteterapia, si sottolinea come la creatività viene riconosciuta come importante manifestazione delle risorse innate dell’uomo, quindi strumento di cura soprattutto se integrata in un percorso personalizzato che preveda interventi farmacologici, riabilitativi e psicoterapici. L’attività espressiva artistica è pensata come parte integrante di un progetto di Cura globale che prevede per ogni paziente la messa a punto di progetti personalizzati ed integrati e sottoposti a verifiche e supervisioni periodiche. La scelta di inserire le attività espressive a mediazione artistica come strumento pregnante della cura sorge dalla considerazione che esse possono dare un contributo specifico al progetto terapeutico nel favorire la nascita del significato e delle capacità di simbolizzazione in situazioni cliniche in cui tale deficit è il tratto psicopatologico fondamentale e decisivo ai fini dell’esito del trattamento.

Dott. Michele Travi – Responsabile U.F.S.M.A. Zona Aretina, Casentino, Valtiberina – Azienda Usl Sudest – Toscana

 

Questa mostra e il laboratorio di Arte Terapia di cui è l’esito nasce per merito e direi determinazione di un gruppo di donne che stimo e apprezzo molto, professionalmente e personalmente. Cito per prima Rita Carioti, artista e per diverso tempo conduttrice e animatrice del laboratorio di Arte Terapia che ha visto coinvolti e protagonisti alcuni pazienti, donne e uomini, del nostro D.S.M e di cui oggi vediamo i lavori in mostra; Barbara Abatangelo e Alessandra Guidi, educatrici del nostro Servizio e preziose partecipanti con Rita a tutta l”impresa’. Il fondamentale contributo che Rita, in formazione all’epoca come arte-terapeuta ed esterna al D.S.M , ha dato al nostro lavoro di operatori in Salute Mentale si è incontrato con il nostro bisogno, direi imprescindibile, di avere apporti e ausili dal sociale, dal mondo esterno a noi tecnici ed operatori organici all’Istituzione, per arricchirci con un punto di vista altro e realizzare quella collaborazione senza la quale le nostre prassi risulterebbero troppo auto-referenti, tecnicistiche e forse meno efficaci.

Nello specifico, attraverso le produzioni artistiche che sono esposte in mostra, parlano le persone e non la loro malattia e sorprende e colpisce quante sfaccettature, aspetti mai rivelati prima, combinazioni creative rivelino. L’arte diventa veicolo di sentimenti che spesso proviamo quando siamo di fronte a opere di artisti che ammiriamo e ne avvertiamo la vita, il punto di urgenza nella sua verità e preziosa unicità. La tradizione, antica, del nostro Servizio di aggiungere e arricchire nella cura dei pazienti elementi non precipuamente e soltanto psicoterapici e psicofarmacologici ci ha portati a privilegiare spesso strumenti di lavoro che attingono alla creatività di ciascuno.

Tutto il settore della Riabilitazione Interpersonale, ben rappresentato qui dalle colleghe Abatangelo e Guidi, va nella direzione di implementare e far emergere le aree della personalità tutte, le zone della psiche più danneggiate che liberano così funzioni e cariche energetiche ‘legate’ dalla malattia e talora anche dalle cure e quelle più nascoste, di più difficile accesso. Queste aree, a volte non raggiungibili con la parola, sono preziose per la vita interiore di chiunque, tanto più per le persone sofferenti e se aiutate ad un maggior contatto espressivo con ciò che è stato danneggiato e compromesso, queste stesse persone ne risultano arricchite e trasformate creativamente, proprio a partire dal loro dolore e sofferenza psichica.

Per concludere un auspicio per questa mostra e per chi la visiterà ed è quello che chiunque, visitandola, vedendo le opere esposte, ne avverta l”anima’ e la ‘forma’ e possa condividere con gli autori dei lavori un po’ del loro mondo espressivo e interiore e che possano cadere, almeno per un po’, quelle barriere che troppo spesso ci impediscono di vedere e condividere vite altre, preziose e irripetibili.

Dott.ssa Loredana Betti – Dirigente Psicologo e Psicoterapeuta D.S.M. Arezzo

 

Questa mostra è un evento importante non solo come testimonianza dell’ impegno di operatori e partecipanti al Laboratorio di FotoArteTerapia del DSM di Arezzo ma anche per restituire il senso vero delle attività che vi si svolgono. E’ oramai acquisito che ogni attività riabilitativa, se non vuole essere solo “intrattenimento” – e il suffisso “terapia” accentua grandemente questo aspetto che è proprio delle realtà istituzionali – deve porsi l’obbiettivo di restituire al paziente i suoi diritti formali, la sua contrattualità sociale, relazionale e affettiva (tutto quello che oggi è ricompreso nel termine di recovery) e questo obbiettivo non si può raggiungere se l’attività riabilitativa rimane confinata all’interno di un laboratorio, oggi forse nel “territorio” ma non troppo dissimile dagli antichi ateliers interni alle grandi istituzioni tradizionali. In questi ateliers l’espressione figurativa del malato di mente era considerata solo alla stregua di uno qualunque dei suoi sintomi; come scrive F. Basaglia: “… lo psichiatra, nell’analisi dell’opera del malato, va alla ricerca dei segni che possano rimandarlo a una codificazione, ad una metodologia, capace di spiegare i vari significati, rapportati ad una classificazione di malattia…”: dietro l’espressione creativa non c’è l’uomo, la persona, ma solo il “malato” (che è ciò che interessa alla psichiatria). Ma, prosegue Basaglia “…se davvero la comunicazione fra un’opera e il suo fruitore è un processo di riconoscimento… dell’uomo che l’ha fatta così si dovrebbe parlare sempre di un processo … di ri-costruzione dell’uomo (malato o sano che sia) attraverso l’opera e non di comprensione metodologica dei suoi segni” (Basaglia svolge poi considerazioni analoghe riguardo ad un approccio puramente “estetico”, ma questo discorso ci porterebbe troppo lontani).

Finchè si resta nel chiuso di un laboratorio questo processo di riconoscimento, di incontro di persone è reso difficile quando non impedito dalla sovrastruttura dell’approccio psichiatrico: uscire fuori dall’istituzione è il primo passo per liberarsi (dalla malattia? dalla psichiatria?), ogni processo di riabilitazione/liberazione parte da qui anche attraverso la realizzazione di oggetti simbolici che ne diventano veicolo. Pensiamo al più conosciuto e longevo di questi oggetti: Marco Cavallo (senza dimenticare la Chimera di Arezzo o il Drago di Montelupo) concepito a Trieste nel 1973 e tuttora pellegrino per portare il suo messaggio dove ancora sopravvive il manicomio come nel suo viaggio per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Scrivono i protagonisti dell’avventura della creazione di Marco Cavallo: “…. fare che il “dentro” (i malati e tutto il mondo del manicomio) si riappropri del “fuori”, del mondo esterno che è chiuso e rifiuta chi sta dentro… non siamo venuti a guarire con l’arte cioè a fare arte terapeutica – che ci sembra pericolosamente equivoca – e neanche siamo venuti per creare noi opere d’arte …”. Parole all’epoca riferite alla realtà manicomiale – forse di più facile lettura ma difficile da aggredire – ma che tuttora si possono applicare a quel quanto di separatezza che affligge i nostri servizi di salute mentale e le loro pratiche sempre a rischio di riprodurre quella che viene chiamata “manicomialità diffusa”. Non stupisca questo richiamo a una memoria che si vorrebbe oramai archiviata nella storia: senza memoria non siamo in grado di comprendere il presente e il rischio di riprodurre (inconsapevolmente?) il passato aumenta: oggi non è più accettabile pensare alla riabilitazione che non sia un processo collettivo che deve coinvolgere la società nel suo complesso.

Ben vengano quindi tutte quelle iniziative che possono, quanto meno, ridurre se non abolire questa distanza tra “dentro” e “fuori”: oggi per tutta una serie di ragioni, non ultima la molteplicità delle sedi che rinforza la difficoltà di conoscerle e poterci entrare dentro, le istituzioni della follia, comprese quelle che sembrano funzionare bene, sono diventate meno conoscibili, più opache, più omologate al paradigma (neo)-psichiatrico. Questa mostra è quindi un passo importante, non solo per conoscere una attività tanto più meritoria quanto più è consapevole, come si evince dalla sua presentazione, delle difficoltà e delle insidie intrinseche al suo operato, ma anche, e soprattutto , perché è una occasione per ri-conoscerne i protagonisti, le persone, uomini e donne, impegnate in un duro cammino di emancipazione e di recovery.

Dott. Cesare Bondioli – Presidente Centro “Franco Basaglia” Ass. Onlus Arezzo

 

Arteterapia e grave disagio mentale: nuovi orizzonti

L’Arteterapia è una disciplina che utilizza i materiali ed il fare artistico come forma primaria di espressione e di comunicazione all’interno della relazione di cura. Promuove le risorse creative di individui e gruppi, per svilupparne il potenziale di benessere personale e sociale. L’Arteterapia trova applicazione in una pluralità di contesti: ospedali, rsa, centri diurni, comunità, carceri, centri di aggregazione, scuole di ogni ordine e grado, ecc. In questi contesti l’Arteterapia, che non è una professione sanitaria e non svolge attività riservata in Italia alle professioni sanitarie, è stata ed è diffusamente utilizzata in ambito istituzionale come risorsa complementare e aggiuntiva, su indicazione e sotto il controllo di dirigenti sanitari, medici, psicologi e psichiatri. APIART è l’associazione di riferimento per i più qualificati Arteterapeuti Italiani. Negli ultimi decenni l’impiego dell’arteterapia nella riabilitazione ha conosciuto un nuovo impulso, legato al maggior rigore metodologico e al numero crescente di lavori scientifici.

Nella recente revisione delle linee-guida per il trattamento della schizofrenia il Sistema sanitario nazionale inglese (NHS) ha confermato che le “art-therapies” rappresentano, ad oggi, uno degli strumenti raccomandati per promuovere, unitamente ai trattamenti standard, la guarigione dei pazienti con grave disagio mentale specie se di età giovane e con prevalenti sintomi affettivi e negativi.

Nell’ambito della Tavola Rotonda, il giorno della inaugurazione della mostra, nella personale relazione, verranno presentati esempi di interventi innovativi sviluppati dal Centro ATLAS Onlus di Perugia nel campo dell’autismo e delle psicosi, con approcci che uniscono arteterapia e tecnologia immersiva. Il Centro ATLAS raccoglie la sfida della “rivoluzione digitale” per far si che i nuovi mezzi multimediali e tecnologici non siano strumenti di isolamento e alienazione, ma veicoli di espressione e relazione profonda stimolando tutti e cinque i sensi e la loro integrazione.

Simone Donnari – Presidente APIART (Associazione Professionale Italiana Arteterapeuti); Responsabile Centro Atlas Onlus – Perugia

 

Questa particolare mostra è frutto dei lavori realizzati dagli utenti del Centro Diurno Interpersonale del Dipartimento di Salute Mentale di Arezzo, relativi al Progetto-Laboratori Creativi di FotoArte- Terapia “Metamorfosi dell’Anima – Un comune e personale viaggio in-tras-formazione” da me ideato e condotto come tirocinante Arteterapeuta nel 2016 e 2017. Scopo del progetto: incentivare e mettere in luce capacità e risorse sane della personalità di ognuno, contrastare il disagio, stimolare esperienze sensoriali ed emozionali, offrire nuovi spunti culturali e punti di vista, per smuovere e consapevolizzare meccanismi interiori obsoleti, al fine di rielaborare e riformulare, la propria realtà interiore, e attuare un graduale processo di cambiamento.

L’Arteterapia, che ha origini nell’Arte e nella Psicoanalisi, utilizza simboli e immagini come mezzo di comunicazione. La creazione di immagini specie quella del Sé, produce una modificazione psicofisiologica complessa che si traduce in un vissuto emotivo profondo, che incide fortemente modo di pensare, di comunicare, di agire, di vivere. In special modo la FotoArteTerapia oltre far emergere pensieri inesprimibili a parole e favorire le dinamiche per un concreto cambiamento, è uno straordinario strumento di riflessione e di crescita. Nell’applicazione della tematica della Metamorfosi, con l’uso dei materiali artistici, le tecniche di FotoArteTerapia e la potente dinamicità creativa, espressa soprattutto tramite l’interpretazione e la realizzazione della Fotografia, l’artista si è inoltrato in una variegata ricerca introspettiva lungo un articolato viaggio esperienziale, reale ed immaginario, che lo ha portato in divenire, ad una maggiore consapevolezza del Sé e del possibile Altro, e infine, ad un tangibile rinnovamento.

Con le numerose e pregevoli opere prodotte, dense di pensieri ed intense visioni, nel 2018 si è pensato di allestire una esposizione, per completare il ciclo formativo artistico, e per permettere di acquisire un ulteriore linguaggio simbolico con specifici riferimenti universali, creati in un aggregante unica opera collettiva. Ma soprattutto, imparare ad esporsi, rivelarsi e mettere a nudo la propria immagine e gli intrinseci significati, nell’incontro reale con il proprio fruitore, diviene un efficace modo per allenare le abilità relazionali e creare punti di contatto, in un dinamico ampio spazio di comunicazione, riflessione, fluente dialogo e costruttivo confronto. L’ideale viaggio interiore effettuato, nel reale percorso della mostra, ha la struttura di un labirinto, in cui i singoli argomenti trattati, rivisitati e re-interpretati, vengono proposti in forma tridimensionale e supportati da nuovi elementi connotativi creati ad hoc, che nell’insieme, restituiscono un originale, surreale e suggestivo scenario, ricco di autentici, riflessivi e profondi significati.

Rita Carioti – Fotografa, Arteterapeuta conduttrice dei Laboratori e Curatrice della Mostra

 

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